I sardi non rinunciano alle loro tradizioni. Ancor di più durante le feste. Ciò che cambia spesso è il modo di tramandarle. E così i social si trasformano in piazze virtuali in cui ricordare l’infanzia paesana o la vita in famiglia, compresa la festa dei morti. Meglio di un libro di storia e di tradizioni popolari, l’appassionato gruppo “Sardegna sparita su facebook”, con oltre 17.000 membri, ha riempito la bacheca con racconti e foto.
Ricchi banchetti per la visita dei defunti
«La Sardegna celebrava quelle giornate magiche che dividono ottobre da novembre con rituali e festeggiamenti simili in tutta l’Isola. Is animeddas, is mortus, sos mortos o su mortu mortu» , racconta Salvatore Tedesa, amministratore del gruppo e grande appassionato di tradizioni isolane. Con infinite varianti quanti sono i paesi dell’isola, la notte del 31 ottobre o del 1 novembre si aspetta in casa la visita dei propri defunti. Anime che lasciano il Purgatorio e ritornano nei luoghi più cari frequentati da vivi. Ad accoglierli, una tavola imbandita come nelle migliori occasioni e piatti colmi di pietanze tradizionali affinché possano banchettare. Gnocchetti o spaghetti al sugo con pecorino, fave, legumi, castagne bollite o qualsiasi altro piatto di cui andassero golosi i cari scomparsi.
Le testimonianze e le curiosità della festa dei morti
«Da bambina sono stata educata a non avere paura della morte e dei morti. Senza alcuna superstizione ho sempre fatto quello che mia madre (nata nell’800) e molti sardi avevano fatto prima di me. Poi quando sono diventata madre, io stessa ho fatto conoscere ai miei figli questa tradizione», racconta Nonna Fe che oltre a Ozieri e Sassari, ha vissuto e svolto l’attività di insegnante in diversi paesi della Sardegna. «La notte prima del giorno dei morti apparecchio la tavola col servizio più bello. In un piatto di portata metto gnocchetti sardi e in un altro verdura e frutta. Non mancano il cestinetto con il pane, i papassini, l’acqua e una bottiglia di vino buono. Assolutamente proibiti coltelli e forchette. Forbici ed aghi vanno accuratamente conservati».
Su trigu cottu e la visita al cimitero per la festa dei morti
«Mia nonna, morta nel ’51, era solita chiamare i bambini del vicinato e tutti i nipoti», racconta Giovanna Contu di Villacidro. «Ci dava dolci, biscotti, pane e non mancava il grano cotto. Lo faceva tutti gli anni in memoria dei suoi morti». Conosciuto anche con il termine sardo trigu cottu, il grano cotto è un dolce tipico a base di grano condito con la saba, cioè il vino cotto, ingrediente principe in questo periodo dell’anno. Invece, Guendalina Amati a Cagliari ricorda la festa dei morti in città. «Mia madre mi portava al cimitero di Bonaria per portare fiori ai nostri cari. Mi illustrava le tombe e le cappelle con le statue di Sartorio, e di ognuno mi raccontava la storia. Trovavo il tutto così bello e malinconico».
Le offerte alle anime
In molti paesi dell’isola, le voci dei bambini riempiono le vie del paese mentre recitano a cantilena: “seus benius po is animeddas”. Oppure mi “das fait is animeddas” o ancora “su bene de sas ànimas”, cioè una piccola offerta per le anime costrette fra il paradiso e l’inferno. Tradizioni lentamente riscoperte e che ancora oggi rappresentano ricordi importanti per tanti sardi diventati adulti. «Si andava in cimitero con fiori e lumicini da distribuire alle persone defunte della famiglia. Poi con i ragazzi del vicinato bussavamo alle porte a chiedere per le anime», racconta Ornella Sida che a quei tempi viveva a Tempio Pausania. «Ci davano di tutto. Castagne, noci, mele, frutti di stagione, caramelle, biscotti. Poi prima di rientrare si divideva quello che avevamo racimolato».
Il valore culturale e sociale della festa dei morti
Cieo Benaria vive a Villaspeciosa, ma nel paese in cui è nata a Gadoni «le campane suonavano i rintocchi per tutta la notte. Nel fratttempo i ragazzini andavano di casa in casa chiedendo qualcosa po is’Animas». Racconta Millina Spina di Siniscola «Quando diventi adulto capisci che da bambino sei stato il tramite prezioso ed inconsapevole tra il mondo dei vivi e quello della memoria. Il gesto dell’offerta passato per le tue mani, è il gesto con cui si è cercato di alleggerire le pene ai defunti nel loro peregrinare per l’espiazione dei peccati. È il gesto che rende indissolubile il rapporto tra i presenti e gli assenti, fatto di memoria, di speranza e talvolta di rimpianti e che avvicina i vivi in un istante di estrema intimità, quando si riesce con l’amore ad accarezzare un viso impresso nel cuore».