La sua denominazione potrebbe trarre in inganno. Il Ghetto degli Ebrei deve infatti il suo nome alla vicinanza con un piccolo quartiere ebraico, tra via Santa Croce e via Stretta. Un vero e proprio ghetto non è mai esistito a Cagliari, poiché la comunità abbandonò l’isola già nel 1492. Gli spazi del Ghetto hanno ospitato da principio una caserma militare. Ad oggi è conosciuto come polo culturale di spicco della città.
Il Ghetto degli Ebrei, da caserma per i Dragoni di Sardegna a spazio culturale
Il nome più corretto per ciò che oggi è conosciuto ai più come Ghetto degli Ebrei, sarebbe ex Caserma San Carlo. La costruzione dell’edificio risale al 1738. La caserma aveva l’intento di ospitare il reparto dei Dragoni di Sardegna. Il corpo militare, istituito dal Re di Sardegna Vittorio Amedeo II, necessitava infatti di una guarnigione in città. Il suo scopo principale era quello di tutelare l’ordine pubblico. In particolare si occupava di reprimere i sempre più problematici episodi di banditismo e brigantaggio. Per le sue peculiarità, il corpo militare confluì più tardi nell’Arma dei Carabinieri. Al culmine della sua storia, la caserma arrivò ad ospitare più di 300 uomini e 40 cavalli.
Alla fine del XIX secolo, l’edificio dismise le sue funzioni militari. In un primo momento, vi trovarono alloggio indigenti e famiglie povere, divenendo in effetti molto simile ad un “ghetto”. La situazione di degrado proseguì fino alla Seconda Guerra Mondiale. I bombardamenti del ’43 provocarono ingenti danni alla struttura. I lavori di recupero, successivi alla guerra, trasformarono in parte l’edificio, che tornò ad ospitare abitazioni private. I recenti lavori di restauro, ultimati nel 2000, trasformarono il Ghetto degli Ebrei in un centro culturale, gestito dal Consorzio Camù.
La comunità ebraica a Cagliari
Ghetto degli Ebrei, come visto, appare quanto mai una denominazione errata. Un ghetto ebraico, sul modello veneziano, non è infatti mai esistito a Cagliari. Ciò non toglie che la storia della comunità ebraica nel capoluogo sardo sia stata sin da principio assai travagliata. Nel periodo di denominazione pisana prima, e aragonese dopo, fu concesso alla piccola comunità ebraica di vivere nel quartiere di Castello. L’area, definita Giudaria, era compresa tra via Santa Croce e via Stretta. Qui sorgeva la Sinagoga, sostituita poi dalla Basilica di Santa Croce.
Nonostante le restrizioni, imposte dal governo aragonese, la comunità poté godere di un periodo di relativa tranquillità. Nel quartiere proliferavano le botteghe di mercanti ed artigiani, senza contare l’attività medica svolta da numerosi esponenti della comunità. Il periodo di pace, tuttavia, terminò nel 1492. Con la nascita del Regno di Spagna, derivata dal matrimonio tra Ferdinando II di Aragona e Isabella I di Castiglia, il clima nell’isola cambiò bruscamente. Un decreto costrinse infatti la comunità ad abbandonare Cagliari e la Sardegna. Coloro che invece decisero di restare, furono costretti a convertirsi al cristianesimo e a cedere tutti i propri beni ai regnanti. In questi stessi anni, iniziò anche a Cagliari la sanguinolenta opera della Santa Inquisizione.