C’era una volta il Carnevale a Cagliari. Non semplicemente quello fatto di scherzi, maschere e coriandoli, ma quello della storica ratantira per le vie del centro, in un clima di festa per tutti. Era su Carnasciali casteddaiu , quando nelle sfilate a rullo di tamburo e a colpi di grancassa i ragazzi dei quartieri storici della città si contendevano lo scettro che incoronava il gruppo migliore.
Da Natale l’attesa ansiosa del Carnevale
Lo si aspettava con ansia, forse già dopo il Natale. E il Carnevale a Cagliari arrivava puntuale. Sempre. I ragazzi dei rioni storici, come Stampace , Castello e Marina, lo sapevano bene. Tra gennaio e febbraio iniziavano le prove di preparazione alle sfilate che partivano dal giovedì sino al martedì grasso, giorno in cui il povero Canciofali veniva arso nella via Cammino Nuovo in nome di una tradizione propiziatoria. “Io voglio il rullante”, “lui che è il più grosso di tutti prende la grancassa”, “chi è inesperto parta dalle retrovie”. I ruoli si decidevano così, senza troppi fronzoli, sempre dietro coordinamento di un leader di quartiere che preparava i ragazzi alla festa.
Su Carnasciali Casteddaiu, una sana competizione tra quartieri
Tra gennaio e febbraio al via le prove serali dei vari gruppi cagliaritani, ovviamente nei propri quartieri, senza invasione di campo. Guai a chi sgarrava o marcava visita. La pena era l’esclusione dalle giornate clou.
C’era il Gruc, con i giovani del quartiere Castello che a suono di tamburo rallegravano le viuzze del rione e regalavano agli abitanti un’atmosfera carnevalesca. C’era chi si affacciava alla finestra e chi seguiva il gruppo. I più anziani non gradivano, a volte, ma per tanti altri il Carnevale era già quello.
Ai piedi Castello, invece, la Gioc preparava in pompa magna la tanto attesa sfilata. Era il gruppo, a detta di tanti, tra i più belli, quello che coinvolgeva un numero ben nutrito di ragazzi di ogni età e che preparava, nella sua sede storica nascosta tra le chiese di Stampace, il fantoccio del Canciofali.
E poi, ad animare lo spirito agonale carnevalesco c’erano altri gruppi molto noti, come il Rione Marina, il Villaggio Pescatori, il Dopolavoro ferroviario e tanti altri.
Carnevale, le sfilate per le vie di Cagliari
Arrivava il fatidico giorno. Anzi, i fatidici giorni. Si iniziava il giovedì grasso con la sfilata di quartiere e si arrivava al weekend, con la serata della domenica, in cui i quartieri si incontravano e davano il massimo per sopraffarsi a vicenda. E poi, naturalmente, c’erano i carri allegorici, i coriandoli, la schiuma, le maschere e i travestimenti che fungevano quasi da segno di riconoscimento di chi apparteneva a questo o a quel gruppo. E ovviamente, immancabile, la zeppolata fra i ragazzi. “Cambara, cambara, cambara e maccioni. Pisciurrè, sparedda e mummungioni”, “Donami una cicca, donami’ndi un’attra, custa non mi bastara arren…gen…gen” suonavano per le vie del centro, in mezzo alle maschere tradizionali, come sa Gattu e su Tialu . Fino al martedì grasso, giorno in cui i ragazzi, a riposo dagli impegni scolastici, si preparavano al rogo del povero fantoccio simbolo, nella via Cammino Nuovo: “Cancioffali, imbriagoni”.
Cagliari, dalla morte del Carnevale al suo ritorno
Da allora però tante cose cambiate. Polemiche, cancellazioni e buchi hanno ucciso il Carnevale cagliaritano. Per anni nessuno ha più udito tamburi, grancasse e piatti, il Cancioffali non ha più occupato il suo trono nefasto sotto il Bastioncino. Insomma, su Carnasciali è rimasto solo un dolce ricordo. Certo, anche la mentalità dei ragazzi è cambiata. La festa non era più sentita come prima, i volti storici non c’erano più ed era andato a svanire lo spirito di competizione fra i quartieri. Negli ultimi anni, però, si è provato a far resuscitare il Carnevale, con le sue sfilate per le vie del centro e i carri. Forse, la ratantira sembra essere tornata in città, ma non i bei tempi d’oro. Quelli infatti non torneranno più.