Alzi la mano chi non conosce “Il tamburino sardo”, uno dei cosiddetti ‘racconti mensili, appartenenti al libro Cuore, romanzo di Edmondo De Amicis del 1886, che ha commosso gli italiani. Tra coloro che hanno avuto il privilegio, come forse oggi si può definire, di leggere questo racconto, insieme a tutto il romanzo, qualcuno non ha saputo trattenere le lacrime alla storia di un giovane, appena adolescente, capace di tanta abnegazione per l’amata patria Italia. L’educazione ai “buoni sentimenti”, il rispetto per il prossimo, la disciplina e il sacrificio sono tematiche di tutto il romanzo, strutturato in forma diaristica e raccontato in prima persona dal protagonista Enrico Bottini, nell’anno 1881/1882.
La struttura del romanzo e i racconti mensili. Il tamburino sardo
Cuore è un romanzo strutturato in forma di diario scritto da un bambino di quarta elementare, Enrico Bottini, che racconta le vicissitudini del suo anno di scuola di Torino, in un’ Italia appena nata e profondamente divisa a livello sociale. Mese dopo mese, da ottobre a luglio, il bambino narra le varie vicissitudini tra i banchi di scuola e i protagonisti, alunni e maestri, mai dimenticati dai lettori. In primis, il maestro Perboni e la maestrina ‘dalla penna rossa’, ma altrettanto forti nella mente di tanti sono gli alunni Garrone, De Rossi, Coretti e Franti, forse l’unico antagonista del racconto. A ogni mese, inoltre, è riservato uno spazio ai ‘racconti mensili’, illustrati regolarmente dal maestro Perboni in classe e totalmente slegati dal resto del romanzo. Tra i più noti e amati, “Il tamburino sardo”.
Libro Cuore, il significato dei racconti mensili
Secondo le intenzioni del De Amicis, l’obiettivo del romanzo Cuore è quello educare i giovani italiani alle virtù e ai buoni sentimenti. Ecco, allora, il significato dei ‘racconti mensili’ del maestro Perboni e trascritti da Enrico nel suo diario. I protagonisti sono sempre giovanissimi, portatori di ideali che, in qualche modo, il buon educatore vuole insegnare ai suoi allievi .
Il tamburino sardo protagonista del Risorgimento
Il racconto del tamburino sardo fa parte del mese di gennaio 1882, secondo la calendarizzazione del diario di Enrico. L’ambientazione è quella delle guerre risorgimentali, secondo un procedimento di analessi narrativa. Protagonista, un quattordicenne di un distaccamento del reggimento di fanteria dell’esercito italiano, che durante la battaglia di Custoza del 1848 si ritrova assediato, all’interno di una casa solitaria su un’altura, dalle truppe austriache. Sotto il piombo e il fuoco nemico, gli italiani resistono eroicamente, ma le sorti non sembrano essere felici.
Il tamburino sardo, una corsa contro il fuoco
Nel bel mezzo dell’assedio, il capitano decide di mandare una richiesta di aiuto, scritta a matita in un biglietto di carta, all’esercito alleato vicino. La scelta del latore proprio sul piccolo tamburino sardo, arruolato nell’esercito, il quale, smilzo e minuto, avrebbe corso con facilità per i campi contro il fuoco.
« Si fidi di me, signor capitano», il coraggio del tamburino sardo
« Si fidi di me, signor capitano» la risposta d’orgoglio del tamburino sardo. Il giovane, biglietto in mano, si lancia in una corsa contro il tempo e il fuoco degli austriaci, praticamente addosso a lui, seguito dallo sguardo trepidante dei commilitoni e del capitano, preoccupati per le sorti della battaglia. Quando tutto sembra perduto e il tamburino pare essere caduto per mano austriaca, ecco arrivare i carabinieri italiani in soccorso al distaccamento. Il tamburino sardo è riuscito a portare a compimento la sua missione con successo e l’assedio è stato tolto.
Il giorno dopo la vittoria, il capitano e i suoi fanno rotta a Goito, dove vanno alla ricerca di un luogotenente ferito in battaglia. Il capitano viene a sapere che questi si trova in un ospedale da campo, installato in una chiesa. Tra feriti e moribondi, il graduato, incontra il tamburino, steso su un letto a cavalletto, visibilmente prostrato. Sorpreso di trovarlo lì, il capitano si sincera, con fare brusco, sulla salute del giovane. In tutta risposta, il ragazzo, orgoglioso di aver fatto il suo dovere, tira via la coperta e scopre il troncone della sua gamba sinistra, amputata: il suo sacrificio per la vittoria.
La commozione del capitano
«Una gamba che si sarebbe salvata con niente se egli non l’avesse forzata in quella pazza maniera» commenta il medico. Il capitano, ancora inorridito dalla scoperta, lentamente, fissando commosso il tamburino, alza la mano al capo e si leva il cheppì. «Io non sono che un capitano; tu sei un eroe».