Mettere le mani in pasta è diventata una delle attività preferite dagli italiani. Chiusi in casa per la quarantena, cucinare assieme fa sentire più vicini. Cibo in scatola e piatti pronti restano fuori dal carrello, sostituiti da farine, uova e lieviti per preparare pasta fresca, pane e pizze. Senza allontanarsi dal proprio tavolo da cucina è possibile fare un viaggio nell’isola, mettersi alla prova con primi piatti di pasta fresca semplici da replicare: i maccarrones de busa barbaricini, i ciusoni galluresi, i ravioli dolci e i tallaniusu della Marmilla.
La semola, regina della pasta fresca sarda
Per preparare questi manicaretti la lista degli ingredienti è cortissima: semola di grano duro, acqua e sale. Storicamente, la pasta fresca in Sardegna si prepara con la semola più sottile, impastata a mano per circa 20 minuti con acqua tiepida leggermente salata. La lavorazione deve essere energica, ripiegando e riavvolgendo l’impasto fino a raggiungere una consistenza liscia e compatta. A questo punto si forma una palla e si lascia riposare per mezz’ora, coperta con la pellicola trasparente o in una ciotola con un telo.
Maccarrones de busa: pasta bucata per accogliere sughi densi
Il nostro itinerario in 4 tappe inizia in Barbagia, regione storica nel cuore dell’isola, patria dei maccarrones de busa o di ferrittu. Il nome deriva dall’attrezzo utilizzato: un ferro da calza preferibilmente n.3 o le stecche che compongono i raggi di un ombrello. Il risultato finale è una pasta fresca “bucata”, lunga dai 10 ai 15 cm, perfetta per sughi a base di carne o noci macinate, come vuole la tradizione. Dopo aver ricavato dall’impasto dei piccoli serpentelli di circa 2 cm, bisogna avvolgerli uno alla volta attorno al ferretto, con il palmo della mano aperta e facendo una certa pressione. Il cordino di pasta si allungherà formando una sorta di bucatino. Ora non resta che sfilarlo dal ferretto e metterlo ad asciugare su un velo di semola, in cesti o setacci.
Ciusoni galluresi: non chiamateli gnocchetti
Il segreto per ciusoni panciuti sta tutto nel pollice. Dopo aver creato dei cilindretti di circa 3-4 cm, questi vengono fatti rotolare uno a uno contro il fondo di un cesto rigato o di una grattugia. Sempre con una certa pressione, premendo dal basso verso l’alto. La pasta fresca assumerà una forma irregolare, liscia all’interno e ruvida all’esterno, che riproduce la superficie dello strumento utilizzato. Tipica della Gallura, questa pasta fresca si serve tradizionalmente in diversi periodi dell’anno, ma in particolar modo la prima sera di Agosto, condita con il sugo di carne.
Ravioli dolci sardi: la pasta fresca sposa il ripieno
Conosciuti in tutta Italia ripieni di carne, pesce, verdure o formaggio, in Marmilla e nel centro sud Sardegna, questi quadrati di pasta sono spesso dolci, conditi con sugo di pomodoro semplice e pecorino. L’impasto questa volta va steso con il mattarello per creare due sfoglie rettangolari che conterranno il ripieno. Questo è composto da ricotta (1kg di ricotta per 800 gr di semola usata per l’impasto), 3 rossi d’uovo e 1 pizzico di zafferano. Aggiungere poi la scorza grattugiata di un limone, il succo di mezzo limone, 2 cucchiai di zucchero e 4 di farina setacciata. Una rotella tagliapasta completa l’opera, ricavando dei quadrati 4×4 cm, da disporre su un vassoio infarinato con la semola.
I tallaniusu della Marmilla: in cucina non si butta via niente
E se dovesse restare un po di impasto, sempre in Marmilla si usa preparare i tallaniusu o pasta po’ brodu. La sfoglia viene arrotolata su se stessa fino a raggiungere 2 cm di diametro e tagliata a fettine di circa 1 cm. I pezzi più piccoli sono l’ideale per minestre e zuppe, quelli più lunghi come pasta. Oppure, è comune creare delle forme irregolari, una sorta di maltagliati, serviti come pasta e conditi a piacimento.