Che siano feste comandate, ricorrenze o lunghe abbuffate tra amici e parenti, il re della tavola è sempre lui: il porcetto allo spiedo. Il suo regno si estende dal Campidano alla Gallura, dalla costa ai piccoli paesi dell’interno. Ma la sua fama ha lasciato da tempo i confini dell’isola per approdare nel resto d’Italia e oltre, dove è ambasciatore della cucina sarda e della convivialità del suo popolo.
Piatto simbolo della tradizione sarda
Meglio conosciuto con il nome procceddu, porcheddu, polcheddu, pulceddu, proheddu e altre decine di varianti, sulla carta d’identità è il maialino da latte sardo. Rigorosamente cotto allo spiedo. Segni particolari: buonissimo. Famoso per il suo sapore intenso e deciso, ogni morso è un viaggio nel tempo, alla scoperta delle tradizioni gastronomiche dell’isola. Se in passato era il piatto delle feste, oggi al porcetto sardo vengono dedicate sagre e manifestazioni ed è diventata una delle specialità da assaggiare almeno una volta nella vita. La sua cotenna, resa dorata da braci ardenti, è famosa per la croccantezza e gusto, mentre la polpa tenera e saporita si scioglie in bocca come burro.
Le regole della spiedatura
Dietro il suo inimitabile sapore c’è un’arte millenaria che rende questo piatto unico al mondo. A partire dal rispetto dei tempi perché per cucinare un porcetto allo spiedo sono necessarie dalle 3 alle 5 ore. Altrettanto essenziale è che finisca nelle mani di esperti arrostitori. Gesti decisi e sicuri propri di chi l’ha visto fare fin da piccolo in famiglia e ha imparato a replicarlo con successo, unendo l’abilità a tanta pazienza. Lo spiedo detto schironi o schiroi, viene infilzato tra i piedi posteriori e attraversa tutto il porcetto senza mai uscire fino alla narice. Una fase molto importante, per evitare che scivoli durante la cottura e per assicurare una cottura uniforme del porcetto.
Porcetto allo spiedo: paese che vai, cottura che trovi
Il modo di metterlo sul fuoco varia a seconda della zona della Sardegna. Orizzontalmente nel Campidano, verticalmente nel centro Sardegna. La differenza sta proprio nella pezzatura del porcetto: più piccola, fino a 6 kg al sud, almeno 12 kg in Barbagia. In entrambi i casi ad attenderlo ci sono tizzoni ardenti, ma nel cuore dell’isola anche fuoco vivo e una brace grossa affinché il calore arrivi sulla carne, girandola spesso affinché non si bruci. Alla maniera orizzontale, il porcetto prende il calore dal basso per circa tre ore, ma i tempi possono variare a seconda del peso.
Porcetto allo spiedo: i trucchi e i segreti degli arrostitori
Saper dosare il calore tra le diverse parti è essenziale. Tra gli inconvenienti, spiegano i veri arrostitoti, c’è anche quello di bruciare la parte più sottile, quella in corrispondenza delle costole. Tra le soluzioni spesso adottate c’è quella di proteggere la parte più sottile con la carta stagnola nella fase iniziale, così da arrostire solo le parti più spesse come le cosce o le spalle. Altro uso è quello di farvi colare goccia a goccia del lardo sciolto che inumidisce la carne e le dona lucentezza e colore. Infine, un bravo arrostitore si riconosce anche dal modo in cui taglia la carne. Ogni porzione deve restare compatta e soprattutto mai separare la polpa dalla cotenna.